In questo periodo di “rientro” dopo le vacanze estive, lascio il ricordo di uno dei musei che più mi hanno colpito durante un viaggio studio nella splendida città di New York, che ho visitato nel luglio di qualche anno fa. Arrivata nella “grande mela” insieme ad un gruppo di storiche dell’arte, ero pronta ad affrontare, tra i grattacieli e i taxi gialli, soprattutto l’arte contemporanea: dalle Damoiselles D’Avignon del MOMA, alle mostre del Guggenheim (dove ho scoperto i ragni di Louise Bourgeois), all’arte americana del Whitney Museum, alle numerosissime gallerie di Chelsea. Mai e poi mai mi sarei aspettata di trovare un compendio della storia dell’arte europea (e soprattutto italiana) all’interno di una elegante e spaziosa casa-museo: sto parlando, ovviamente, della Frick Collection.
Hanry Clay Frick è stato uno degli industriali più potenti del XIX secolo: nato nel 1849 in una fattoria nel sud ovest della Pennsylvania, all’età di ventun anni, partendo da un rudimentale forno che trasformava il carbone in coke (combustibile indispensabile per la produzione dell’acciaio nelle fabbriche della vicina Pittsburgh), divenne milionario a soli trent’anni con la sua società, arrivando a controllare l’80% della produzione di coke dello stato.
Nel 1911, insieme alla moglie Adelaide Howard Childs, si trasferì a New York: dopo aver acquistato una ex biblioteca sulla Quinta Strada, decise di riadattarla a sua abitazione grazie all’intervento dell’architetto “neoclassico” Thomas Hastings, autore anche della Biblioteca pubblica della città. Frick visse qui fino al 1919, anno della sua morte, mentre nel 1931, dopo la scomparsa della moglie, la casa venne riadattata a museo per contenere la sua splendida collezione d’arte.
Sebbene la casa, di fatto, sia stata abitata solo per pochi anni, essa conserva ancora oggi parte degli arredi originali, scelti e progettati dal brillante architetto Sir Charles Allom, a cui Frick chiese esplicitamente “una casa confortevole e ben organizzata, semplice, di buon gusto e poco appariscente”. Allom rispettò il volere del committente, scegliendo per la dimora arredi coerenti con l’architettura classica, gli ambienti spaziosi e dalle nobili proporzioni, ispirati gusto inglese del secolo precedente, ben lontano dallo stile barocco e ostentato in voga nelle ricche case newyorkesi del periodo. Un esempio è la sala da pranzo (immagine di copertina), che richiama ambienti simili alle case di campagna inglesi, e che veniva utilizzata dalla famiglia per le cene formali che venivano organizzate una o due volte a settimana per una trentina di ospiti. Gli arredi, fatti per essere utilizzati e non solo ammirati, sono stati progettati da Sir Charles Allom in mogano, prendendo spunto da designer inglesi, da William Kent a Robert Adam.
Passiamo ora alla collezione: Tiziano, El Greco, Bellini, Rembrandt, Velázquez, Vermeer, Piero della Francesca, Goya, Van Dyck… “ci sono proprio tutti”, pensavo tra me e me, ammirando i dipinti appesi alle pareti. Un luminoso Renoir, la purezza di una scultura di Laurana, l’intensità dei ritratti di Holbein e Ingres, un’intera stanza dedicata a Fragonard e una a Boucher, persino un Lippi e un piccolo Tiepolo. Ciò che mi ha colpito è stato il grande numero di artisti rappresentati nella collezione, spesso con un unico dipinto, ma di altissima qualità, tanto da avere la sensazione di passeggiare all’interno di un manuale di storia dell’arte, circondata solo da capolavori. Il lasso temporale è di quattro secoli, dal Quattrocento all’Ottocento, le coordinate geografiche spaziano tra Italia, Francia, Inghilterra, con l’aggiunta di qualche opera tedesca i spagnola.
Riservandomi per un altro articolo il San Francesco nel deserto di Bellini, che merita uno spazio a sé, propongo le immagini di due dipinti che dimostrano la qualità della collezione: da una parte il cinquecentesco Ritratto di Piero Aretino di Tiziano, che, attraverso il colore steso a larghe pennellate, costruisce la figura massiccia e altera dell’amico scrittore, dall’altra il Ritratto di MadameLouise d’Haussonville di Ingres, giovane nobile nipote di Madame de Staël, che con sguardo malizioso fissa negli occhi lo spettatore. Due ritratti lontani nel tempo e nello spazio, ma che ugualmente lasciano incantati per la loro bellezza.