Tra le tante mostre in corso che mi piacerebbe visitare, quella che più mi incuriosisce è la neo-inaugurata Gherardo delle notti. Quadri bizzarrissimi e scene allegre (Firenze – Galleria degli Uffizi, fino al 24 maggio 2015), per il fatto che è la prima in assoluto dedicata interamente a questo artista olandese (all’anagrafe Gerrit van Honthorst), che trascorse in Italia circa dieci anni della sua vita, tra il 1610-11 e il 1620.
I suoi dipinti rimandano subito al grandissimo protagonista del Seicento italiano, Michelangelo Merisi da Caravaggio: se oggi la fama dell’artista lombardo è di molto superiore al contemporaneo olandese, in passato non era così. Nel XIX secolo, infatti, Gherardo era molto conosciuto e amato dai collezionisti, diversamente dal quasi dimenticato Caravaggio, che venne riscoperto nel secolo scorso solamente grazie all’intervento critico di Roberto Longhi.
Caravaggio non ebbe mai una scuola, nè allievi diretti, al contrario di molti altri artisti dell’epoca, come il suo “maestro” romano Cavalier d’Arpino. Pochi artisti però, esercitarono un’influenza paragonabile alla sua per vastità e intensità: italiani e stranieri studiarono, copiarono e collezionarono le sue opere per i due decenni successivi alla sua morte, per poi farlo cadere nell’oblio, anche a causa dei giudizi negativi emessi da critici a lui contemporanei. Ciò non impedì a molti pittori di seguire le sue orme. Scrisse Giovanni Baglione nelle sue Vite dè pittori, scultori e architetti… (1642):
Anzi presso alcuni si stima aver esso rovinata la pittura, poichè molti giovani ad esempio di lui si danno ad imitare una testa del naturale, e non studiando nè fondamenti del disegno e della profindità dell’arte, onde non sanno mettere due figure insieme, nè tessere istoria veruna, per non comprendere la bontà di sì nobil’arte.
Gherardo delle Notti entra a pieno titolo nel gruppo dei caravaggeschi, come evocato anche dal suo soprannome, datogli in virtù della sua predilezione per le scene notturne o “a lume di candela”. Trascorse il suo periodo italiano principalmente a Roma, al servizio di autorevoli committenti e collezionisti, quali il cardinal Borghese e il marchese Vincenzo Giustiniani; nonostante ciò la maggior parte delle opere di questa fase sono conservate proprio alla Galleria degli Uffizi, dal momento che il Granduca Cosimo II fu un suo grande estimatore, e proprio a lui si deve la presenza a Firenze di opere quali Cena con sponsali, Buona ventura e Cena con suonatore di Liuto. Prendiamo ad esempio quest’ultima: la composizione rivela l’assimilazione della lezione luministica di
Caravaggio in una rappresentazione scenica popolata da personaggi altrattanto “caravaggeschi” – dal suonatore di liuto con le labbra socchiuse intento a cantare, all’anziana cameriera, potremmo dire una “sorella allegra” della donna rappresentata nella Cena in Emmaus milanese, da cui sembra riprendere anche la posizione di schiena del personaggio in primo piano. Anche gli oggetti rivelano un’attenzione all’opera del “maestro”, unita alla rappresentazione “lenticolare” e attenta alla realtà tipica dell’esperienza nordica: basti osservare i colpi di luce sul portacandele e sui bicchieri di cristallo colmi di vino e il coltello abbandonato sulla tavola che ci suggerisce il senso della profondità.
In mostra, sempre di provenienza fiorentina, è anche quel che resta della grande pala d’altare raffigurante L’adorazione dei pastori, realizzata per la cappella di famiglia di Piero Guicciardini nel coro di Santa Felicita e che è stata una delle opere danneggiate dall’attentato terroristico del maggio 1993.
Bellissima anche la tela proveniente dalla National Gallery di Londra, Cristo davanti a Caifa, in cui il Sommo Sacerdote, vestito con un’elegantissimo mantello bordato di pelliccia e circondato da capi dei sacerdoti con cappelli che seguono la moda del Seicento, interroga un Gesù dallo sguardo intensissimo e consapevole di ciò che sta per accadere.
Tornato a Utrecht, la sua città natale, ritornò “Gerrit” e divenne caposcuola dei caravaggisti della città, continuando a dipingere sia scene di soggetto religioso, che “conviviali”, anche se, con il ritorno in patria, attenuò progressivamente i contrasti luministici, alleggerendo così i toni delle sue composizioni.
Link ai libri:
G. Papi, Gherardo delle Notti, Quadri bizzarrissimi e cene allegre
(In copertina: La buona ventura, Galleria degli Uffizi, Firenze)