“S’alzano, una a una, lente e solenni, come se uscissero da un tempo in cui anche il nostro, quello che stiamo vivendo, sia già trascorso” (Giovanni Testori su Mitoraj)
Ho visto per la prima volta la opere di Igor Mitoraj nel 2004, passeggiando per i Mercati di Traiano a Roma; al primo sguardo sono stata tratta in inganno: quei frammenti di teste e di busti sembravano davvero antichi e, subito, con gli occhi fuori dalle orbite, mi sono chiesta come la Soprintendenza potesse lasciare delicatissimi bronzi di secoli fa all’aperto e in balia dei vandali.
Passati i primi attimi di straniamento (e indignazione!), mi sono accorta che quelle opere non potevano essere originali: alcuni dettagli, come le bende sui volti o strane ali che cingevano i corpi, erano completamente estranee all’iconografia degli antichi romani. Mi trovavo di fronte alle contraddizioni e alle suggestioni che suscitano la visione delle opere del polacco Igor Mitoraj, che in vita divideva lo studio tra Parigi e Pietrasanta, mancato nella capitale francese il 6 ottobre scorso.
Frammenti di corpi, teste monumentali, innesti di volti all’interno di busti classici: il critico d’arte americano Donald Kuspit definisce l’arte di Mitoraj un “paradosso”, proprio perchè lo scultore esprime attraverso un linguaggio di matrice classica, fortemente ispirato dalla cultura greco-romana, un messaggio contemporaneo. La “nobile semplicità e quieta grandezza”, per dirla secondo il teorico del neoclassicismo Winckelmann, che compone i corpi di Mitoraj, trasmette in realtà l’inquietudine, lo smarrimento, l’ansia della contemporaneità, che ha inesorabilemente perso tutti i valori, i canoni estetici e i contenuti originati dalla cultura classica, ma che, in qualche modo, continuiamo a portare nel nostro DNA.
Mitoraj è quindi un artista che si ispira al classico, ma che certo non può essere definito “neoclassico”: sono inequivocabili le sue dichiarazioni sullo scultore Antonio Canova, che, secondo lui, avrebbe (e forse a ragione) distrutto l’arte classica, togliendole l’anima. Canova, così come Winckelmann dopotutto, aveva una visione distorta dell’antico, dal momento che prendeva come modelli le sculture antiche fuori dal loro contesto di origine e ormai prive del loro colore originario, fissando una visione del classico – che ancora ci appartiene – algida e bianca, mentre in realtà dobbiamo ricordare che la scultura antica era spesso policroma, con inserti di marmi colorati, dorature e parti dipinte. Mitoraj, al contrario di Canova, non vuole ricreare fedelmente il linguaggio dei classici, ma piuttosto reinterpretare questi archetipi e portarli nel tempo presente: il risultato non sono, quindi, le statue perfette e bellissime degli artisti neoclassici, ma piuttosto figure inquietanti e metafisiche che ci proiettano in una dimensione onirica, soprattutto, a mio avviso, quando dialogano l’antico “originale”.
Per concludere propongo una provocazione: un brano tratto dal libro “Si crede Picasso” del critico Francesco Bonami, che in modo irriverente e sarcastico sbeffeggia i grandi nomi dell’arte contemporanea, da Cattelan a Pistoletto, mettendo, più o meno a ragione, in discussione il loro modo di fare arte. Ecco cosa scrive di Mitoraj:
Se Mitoraj fosse nato nell’antica Grecia si potrebbe anche chiudere un occhio. Ma Mitoraj non è nato nell’antica Grecia, bensì nel 1944 in una cittadina tedesca. Non ci sono quindi scuse per quello che fa. Se l’arte di Botero è il brutto ricoperto di grasso, le sculture di Igor Mitoraj sono il brutto ricoperto di bello. A vedere, infatti, le sue statue, faccioni tagliati a metà come se fossero una mezza maschera o busti con delle finestrelle sotto i capezzoli con dentro altri piccoli busti, sembrano dei grandi frammenti di sculture antiche arrivate dalla Magna Grecia, mentre sono solo sculture contemporanee sulle quali Mitoraj ci magna.
Personalmente penso che se Mitoraj fosse nato nell’antica Grecia avrebbe realizzato opere completamente differenti, perché nei suoi faccioni non c’è solo l’esperienza dell’arte classica, ma anche tutto ciò che è accaduto poi (Siamo nani sulle spalle di giganti), mentre sul concetto di bellezza mi sono già espressa in un precedente articolo.
Vi invito, quindi, a vedere di persona le opere di Mitoraj nel contesto in cui sono state pensate: è in corso fino al 15 gennaio 2015 la mostra “Angeli”, in Piazza del Duomo a Pisa , in cui sono esposte non solo opere monumentali in bronzo e in ghisa, ma anche esempi della sua produzione pittorica.