Suggestioni sopra il Castello di Barbablù: l’Isola dei morti di Böcklin

Suggestioni sopra il Castello di Barbablù: l’Isola dei morti di Böcklin

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Eccomi, prendo posto anch’io in questo caffè letterario: per ora mi guardo intorno, scruto i volti di sottecchi, ascolto le voci e il tintinnare dei bicchieri, sono incuriosita dai profumi. Nonostante un’iniziale diffidenza direi che mi sento a mio agio: la mia mente è libera di viaggiare, di farsi suggestionare dalle mie compagne di tavolo e i loro discorsi mi evocano immagini e parole. Sento nominare un favoloso castello immaginato da Bartók e la mia mente inizia a vagare…

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Il primo pensiero è un ricordo personale. Una sonata di Bèla Bartók ha segnato l’apice e l’epilogo della mia carriera da pianista-del-corso-della-biblioteca-comunale… e a dieci (o più) anni di distanza ringrazio il cielo che la mia lungimirante insegnante abbia scelto per me proprio il compositore ungherese. Infatti l’agitazione per la performance in pubblico mi ha costretto ad inventare metà delle note, in una sorta di improvvisazione musicale che sarebbe risultata molto più evidente (e cacofonica!) su un pezzo più “nazionalpopolare” come un Per Elisa di Beethoven… insomma, devo ammettere che il dissonante e sconosciuto ai più Bartók (non me ne vogliano le mie colleghe musiciste…) mi ha salvato da una figuraccia planetaria.

Un castello misterioso tanto quanto il suo proprietario, atmosfere dense di simboli, un senso di grandezza mista ad una fortissima inquietudine: mentre leggevo l’affascinante vicenda di Barbablù e Judit mi è subito venuta in mente l’immagine dell’Isola dei morti, dipinta dallo svizzero Arnold Böcklin (Basilea 1827 – San Domenico di Fiesole, Firenze, 1901). Premetto che non c’è nessun legame effettivo tra l’opera lirica e il dipinto, se non lo stesso senso di mistero e sospensione; l’Isola, realizzata in cinque versioni negli anni ottanta dell’Ottocento, precede di quasi quarant’anni il Castello, sulle scene per la prima volta nel 1918. È curioso notare come negli stessi anni del Castello, anche in Italia comparvero le stesse atmosfere simboliche e misteriose per opera dei pittori della “scuola metafisica”, ma in questo caso il legame con l’artista svizzero è “dichiarato”, tanto che Giorgio De Chirico riprese più di una volta nei suoi dipinti composizioni sperimentate in passato dallo stesso Böcklin.

Quando Böcklin dipinse l’Isola dei morti era già un artista affermato: dopo la formazione a Düsseldorf, nel 1860 ebbe l’incarico di pittura all’Accademia di Weimar, che ricoprì per due anni, mentre nel 1870 partecipò all’Esposizione Universale di Parigi. Fondamentali per la sua formazione furono i viaggi in Italia, il primo a Roma dove si dedicò allo studio di paesaggi dalla “natura vergine, in cui le tracce dell’attività umana appaiono soltanto come edifici, principalmente ruderi di epoche remote, ma anche come semplici capanne”, come scrisse il suo compagno di viaggio Jacob Burckhardt in una pagina del Cicerone; il secondo a Napoli e Pompei, i cui affreschi gli offrirono numerose suggestioni, destinate ad influenzare in modo decisivo la sua tematica e la sua tecnica. Pur appartenendo alla stessa generazione dei simbolisti francesi, Böcklin infatti non attacca la forma, ma realizza immagini realistiche e dalla precisione accademica; il fascino delle sue opere deriva dal contrasto tra queste forme nitide e le atmosfere sospese, ambigue, dense di rimandi classici e dai paesaggi fermati in un’inquietante e atemporale immobilità.

Isola dei morti

Isola di San Giorgio, in Montenegro

“Un quadro per sognare”, ecco cosa chiese Marie Berna, committente di unadelle cinque versioni del dipinto, all’artista svizzero: e in effetti l’Isola dei morti, sorprende per l’atmosfera sospesa pervasa da un silenzio assordante. Böcklin rispose a Marie Berna in una lettera datata 29 giugno 1880: “Mercoledì scorso ho terminato L’isola tombale. Lei vi si immergerà sognando, in questo oscuro mondo di ombre, fino a credere di aver sentito il soffio lieve che increspa la superficie del mare, fino a voler distruggere il solenne silenzio con una parola detta ad alta voce”. In primo piano un misterioso traghettatore (Caronte?) conduce verso l’isola un’anima ammantata di bianco, che viaggia accompagnata dalla sua stessa bara. L’isolotto è dominato da un bosco fitto di cipressi, associati da lunga tradizione con i cimiteri e il lutto, circondato da rupi scoscese nelle quali sono presenti dei portali sepolcrali. Il quadro evoca, in parte, il Cimitero degli Inglesi a Firenze, dove vennero dipinte le prime tre versioni. Il cimitero era vicino allo studio di Böcklin e fu anche il luogo dove sua figlia Maria venne sepolta. Non ho mai visto il dipinto dal vivo, ma sono stata in quella che, probabilmente, è stata la fonte di ispirazione per il quadro, cioè l’isola di San Giorgio, detta appunto “isola dei morti”, che si trova di fronte alla città di Perast, in Montenegro: la somiglianza è davvero evidente.

Il dipinto fu talmente apprezzato che anche Adolf Hitler ne possedeva una versione, dipinta nel 1883 e ora collocata presso l’Alte Nationalgalerie di Berlino. Esiste una celebre fotografia che ritrae Hitler nel suo studio insieme al ministro degli esteri sovietico Molotov e al ministro degli esteri tedesco Ribbentrop, scattata subito dopo la firma del patto di non aggressione russo-tedesco del 1939, nella quale si vede il quadro appeso al muro alle spalle del dittatore.

Nel 1888 Böcklin dipinse l’Isola dei vivi, che, a mio avviso, perde quasi del tutto la potenza lirica del quadro precedente.

Author

Arianna Mascetti
Dopo la laurea specialistica in storia e critica dell’arte ha frequentato il corso di perfezionamento “Mediazione del patrimonio artistico e intercultura”. Convinta della funzione educativa del patrimonio culturale, attualmente si occupa di progetti finalizzati ad avvicinare il mondo della scuola all’arte e alla storia dei musei e del territorio. Appassionata di storia locale, è guida turistica della provincia di Milano.

1 comment

  • Che quadro meraviglioso… Ogni volta che lo vedo, passo ore incantata a guardarlo. Purtroppo non sono mai riuscita a vederlo dal vivo!

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