La trascrizione come opera d’arte creativa

La trascrizione come opera d’arte creativa

Nel mondo della musica la trascrizione di opere si inserisce nell’esperienza quotidiana di un musicista e affonda le radici nella storia della musica: si potrebbe creare una storia delle trascrizioni musicali tale è la ricchezza di esempi ed esperimenti. Da citare tra tutti è la trascrizione delle arie dell’opera lirica per il pianoforte e per altri strumenti, arpa compresa, che nell’Ottocento e anche prima vanta un bel repertorio di trascrizioni e arrangiamenti di famose arie e melodie. Tra i maggiori autori citiamo John Thomas e Elias Parish-Alvars. Era un modo per portare nel salotto o in sala da concerto le melodie amate e conosciute e, molte volte, si trasformava una bella e breve melodia in un capolavoro di virtuosismo musicale.

Variazione sulla Norma di Bellini, di Parish-Alvar.
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In questo articolo ciò che mi interessa, però, è parlare della trascrizione di opere strumentali di autori famosi all’arpa e non solo.

Da arpista, fin dai primi anni, ti insegnano che devi suonare solo musica originale per arpa: è un insegnamento fondamentale che deve spingere ognuno di noi a cercare con amore ed energia tutto il repertorio originale che trova e a suonare soprattutto ciò che è poco conosciuto, ma di grande valore musicale. Da musicista, però, capita di ascoltare Bach, Scarlatti o magari Chopin o Debussy e viene voglia di suonarlo sul proprio strumento. La domanda ora diventa: è una buona o un pessima idea suonare musica non originale per arpa? Una arpista simpatica e vivace, del secolo scorso, era contraria a questa scelta, perché diceva che gli ascoltatori abituati alla sonorità di un pianoforte non trovandole sull’arpa avrebbero pensato che era uno strumento non buono.

Trascrizioni musicali

Spartiti musicali

Questa osservazione nasconde una verità che è utile per sostenere la mia tesi: la trascrizione può essere fatta solo nel momento nel quale si valorizzano le sonorità dell’arpa e le sue caratteristiche e non uccidono in alcun modo gli intenti della musica originale, ma magari li valorizza mostrandone una nuova visione.

Qualche anno fa mi è capitato di ascoltare Silence of the woods di Grieg e innamorata del pezzo ho cercato lo spartito e l’ho provato sull’arpa: il risultato era la perdita di tutta la sonorità originale e quindi  l’arpa non ne usciva, per niente, valorizzata.

La trascrizione di un pezzo deve essere una vera e propria opera d’arte. Un’opera creativa che metta in mostra l’intelligenza musicale e interpretativa del musicista. Valutato che il brano trascritto acquisterà una sua vita e un suo valore musicale si tratta di modificarlo e interpretarlo secondo le leggi del proprio strumento, magari trasportandolo di tonalità (è una pratica molto comune quella di trasportare la tonalità: l’arpa suona meglio nelle tonalità coi bemolle divenendo più cantabile e più dolce, le corde infatti sono libere dalla meccanica e possono risuonare liberamente. ) oppure facendo delle scelte più drastiche e rischiose. Si tratta di creare un’opera d’arte nell’opera d’arte.

Veniamo ad alcuni esempi: le variazioni Goldberg , scritte da J.S. Bach per il clavicembalo sono state suonate all’arpa dalla bravissima Catrin Finch. Ascoltate l’aria suonata da lei e poi ascoltate la versione per clavicembalo: scoprirete due universi per uno stesso brano.

Le variazioni Goldberg, suonate all’arpa da Catrin Finch.
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La bellissima aria delle Goldberg sull’arpa acquista una sua vita senza essere fuori tema, ma anzi valorizzandone l’eleganza! Sempre di Bach vi invito ad ascoltare la Ciaccona per violino dalle suite per violino solo e poi ad ascoltare la trascrizione per arpa di Dewey Owens: un’energica, ma intelligente trascrizione dove tutto lo spirito della Ciaccona resta invariato e dove l’arpa ne esce vittoriosa e arricchita.

Trascrizione di Owens della Ciaccona.
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L’errore peggiore che si può fare è quello di copiare le caratteristiche dello strumento di partenza per il quale il pezzo è stato scritto e fare una brutta copia, che non rende giustizia a nessuno: la trascrizione è una trasfigurazione dell’opera che conserva al suo interno tutto il cuore e l’essenza, rinnovata, della musica.

Concludo questo articolo dicendo quanto io ami suonare Bach e Scarlatti all’arpa, perché ogni volta scopro un’arpa nuova e diversa per poter capire e cercare il mondo della musica barocca.

Vi lascio con l’ascolto della K 466 di Scarlatti suonata all’arpa.

Ah, prima di suonare un pezzo non originale andate a vedere se l’arpa ne possiede uno simile nel suo repertorio, farete bellissime scoperte! 😉

2 comments

  • La questione delle trascrizioni è davvero molto affascinante. Bisognerebbe parlarne più spesso, purtroppo non se ne sa abbastanza. Bel blog e articoli interessantissimi! 😉 Continuate così!

    Reply
  • Greta N.

    grazie Laura! nelle prossime settimane pubblicherò altri articoli su questo argomento per approfondire meglio le varie tematiche e per fare esempi più precisi. Hai ragione è un argomento del quale si parla poco ma che allo stesso tempo un musicista tocca con mano tutti i giorni.

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