[testimonial image=”” name=”Pietro Bembo” title=”Prose della volgar lingua“]
Se la natura, Monsignor messer Giulio, delle mondane cose producitrice e de’ suoi doni sopra esse dispensatrice, sí come ha la voce agli uomini e la disposizione a parlar data, cosí ancora data loro avesse necessità di parlare d’una maniera medesima in tutti, ella senza dubbio di molta fatica scemati ci avrebbe e alleviati, che ci soprastà. Con ciò sia cosa che a quelli che ad altre regioni e ad altre genti passar cercano, che sono sempre e in ogni parte molti, non converrebbe che, per intendere essi gli altri e per essere da loro intesi, con lungo studio nuove lingue apprendessero.
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Chiunque abbia studiato alla facoltà di lettere e filosofia conosce Pietro Bembo, considerato il padre della lingua italiana. Durante il primo Cinquecento imperversava la questione della lingua, cioè quale dovesse essere il modello di unificazione linguistico-letteraria italiana. Bembo capì che l’unificazione poteva avvenire solo sulla base della tradizione letteraria illustre, così indicò, la lingua del Canzoniere di Petrarca come modello per la poesia e quella del Decameron di Boccaccio per la prosa.
Notizia di questa settimana è il ritrovamento di un’edizione delle Prose della volgar lingua, che presenta commenti originali scritti da Bembo stesso. Per capire meglio, facciamo un piccolo passo indietro.
Le Prose della volgar lingua, uscirono per la prima volta a Venezia nel 1525, furono ristampate sempre a Venezia nel 1538 con una serie di correzioni apportate dall’autore e, infine, ebbero un’edizione postuma, la terza, uscita a Firenze nel 1549.
Proprio questa terza edizione è al centro della nuova scoperta, infatti presenta numerose modifiche rispetto alle edizioni precedenti e venne progettata da Torquato, figlio di Bembo, e dai suoi curatori documentari. A lungo, gli studiosi si sono interrogati su come Pietro Bembo avesse potuto intervenire su questa edizione e quali eventuali correzioni avesse apportato.
Carlo Dionisotti e Antonio Sorella hanno supposto che negli ampi margini della princeps delle Prose, fossero presenti correzioni e aggiunte. La loro intuizione è stata confermata dal ritrovamento di questa edizione, in una biblioteca privata. Gli interventi di Bembo si trovano, appunto, sotto forma di postille marginali e riguardano l’intera opera.
Il ritrovamento di questo esemplare ci offre l’opportunità di conoscere una serie di riflessioni ancora sconosciute. La scoperta del postillato autografo di Pietro Bembo della princeps delle Prose è stata presentata martedì 23 settembre a Palermo, all’interno del XIII Congresso della “Società internazionale di Linguistica e Filologia italiana”, da Fabio Massimo Bertolo, Marco Cursi e Carlo Pulsoni (a cui sono debitrice delle informazioni riportate in questo articolo. Vi rimando pertanto a: http://goo.gl/C9j5sk).
Questione molto interessante.