Barbe Bleue di Charles Perrault: la visione psicoanalitica di Bettelheim

Barbe Bleue di Charles Perrault: la visione psicoanalitica di Bettelheim

[testimonial image=”” name=”Joseph Conrad” title=”Con gli occhi dell’occidente, 1911″]

Tradire. Parola grossa. Che significa tradimento? Di un uomo si dice che ha tradito il paese, gli amici, l’innamorata. In realtà l’unica cosa che l’uomo può tradire è la sua coscienza.

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Charles Perrault scrisse questa fiaba nel 1697. Non molti sanno che Barbe Bleue si ispira ad una storia tristemente vera, dove non erano le donne ad essere uccise, ma dei piccoli bambini innocenti, generalmente maschi.

La vicenda a cui Perrault si rifà, è quella di Gilles de Rais, maresciallo di Francia, vissuto nel primo cinquantennio del 1400, uomo colto, amante dell’arte e della letteratura, amico di Giovanna d’Arco, che nelle più recondite segrete del suo castello nascondeva un segreto agghiacciante: torturava e uccideva centinaia di bambini, i quali venivano spesso rapiti nelle vicinanze del castello. La figura di Gilles de Rais incarna in modo esemplare le contraddizioni di un’epoca: il Tramonto del Medioevo, scosso dagli spasimi della crudeltà e dell’irrazionale, bigotto e superstizioso da un lato, sfarzoso e luccicante dall’altro.

Ovviamente, la versione che ne fece Perrault è molto diversa. Censurata per l’infanzia, la fiaba narra comunque una storia sinistra: una giovane donna deve sposare lo spaventoso Barbablù e, una volta giunta nel suo castello le vengono consegnate delle chiavi che aprono tutte le porte. Una di queste porte si affaccia, però, su una stanza proibita alla giovane sposa e questo innescherà in lei una forte curiosità, che la porterà a commettere un grave errore. Quando finalmente la giovane apre la porta, disobbedendo al comando del marito, scopre qualcosa di raccapricciante: il sangue rappreso sul pavimento non è altro che l’inizio dell’orrore. Sulle pareti, in fila, sono appese, morte, le precedenti mogli di Barbablù. Presa dal panico, alla giovane sposa cade la chiave a terra e si macchia del sangue delle altre donne. Non c’è possibilità di ripulirla, è una chiave stregata e la fanciulla non può fare altro che andare incontro al suo spaventoso destino.

Fortunatamente, la fiaba ha un lieto fine: i fratelli della ragazza arriveranno a salvarla e il perfido Barbablù verrà ucciso.

Bruno Bettelheim, psicoanalista austriaco, ci spiega come questa fiaba sia inserita nel ciclo dello sposo-animale, così come lo è anche La bella e la bestia. Le storie del ciclo sposo-animale presentano tre caratteristiche tipiche. La prima è che non sappiamo come e perché lo sposo sia stato trasformato in un animale. La seconda, ci indica che la responsabile della metamorfosi è una strega, che, però, non viene punita per i suoi misfatti. La terza sottolinea, infine, che è il padre dell’eroina a spingere la ragazza ad unirsi alla bestia, mentre la madre non assume alcun ruolo rilevante.

In tutta questa visione, la sessualità gioca un ruolo fondamentale: ci indica che il sesso è accettabile solo dopo il matrimonio, quando viene santificato da un sacramento. Come detto in precedenza, le madri sembrano assenti,ma, in realtà, sempre secondo l’analisi di Bettelheim, sono presenti sotto le spoglie della strega che ha costretto la bambina a vedere la sessualità come qualcosa di bestiale.

In fondo, però, ci avvisa ancora lo psicanalista austriaco, tutti i genitori rendono, in un modo o nell’altro, la sessualità un tabù: per questo motivo, alla fine delle storie che appartengono al ciclo dello sposo-animale, la strega non viene punita.

Le fiabe parlano alla nostra mente inconscia e sono percepite come messaggi importanti. Viene naturale osservare, che nella tradizione occidentale, solo gli uomini sono trasformati in bestie, quindi solo gli aspetti della sessualità maschile sembrano essere considerati bestiali.

Perrault

Charles Perrault (1628 – 1703)

Nel caso specifico di Barbablù, i personaggi non attraversano nessuna fase di sviluppo e, nonostante il male venga punito, non vi è consolazione né salvezza. Esistono pochissime altre fiabe imperniate sul motivo della stanza segreta; inoltre è chiaro che quando Barbablù consegna le chiavi alla ragazza e allo stesso tempo le chiede di non entrare in quella determinata stanza sta mettendo alla prova la sua fedeltà. La fedeltà, nella visione di Bettehleim, è ancora una volta riferita alla fedeltà coniugale: la chiave che si macchia di sangue, che non può essere lavato via, è il simbolo della perdita delle verginità femminile, che una volta avvenuta non può essere, in alcun modo, rinnovata. È probabile che, durante la festa data durante la finta assenza di Barbablù, la giovane sposa l’abbia tradito con uno degli ospiti presenti nel castello. La reazione della sposa che, di fronte alla scoperta delle altre mogli morte, non scappa e non chiede aiuto, ci suggerisce due strade: che quello che vede non sia reale, ma sia solo il frutto delle sue fantasie ansiose, oppure che, avendo tradito il marito, spera che lui non se ne accorga.

Che queste interpretazioni siano o meno valide, è indubbio che Barbablù sottolinei la presenza dell’amore geloso e della tentazione data dalla sessualità. Entrambe le cose posso divenire molto pericolose se mal gestite.

Tornando direttamente alla fiaba di di Perrault, abbiamo invece una doppia morale: cadere in tentazione è umano, chi cerca di farsi giustizia da solo, perché geloso, sbaglia e l’infedeltà matrimoniale va perdonata. Il partner geloso che non lo farà, pagherà le conseguenze. Ci insegna quindi, un valore morale superiore: chi cerca di vendicarsi di un’infedeltà viene meritatamente distrutto, così come succede a chi  conosce il sesso solo nei suoi aspetti distruttivi.

Comunque la si interpreti, è una storia con una morale forte: avverte le donne a non cedere alla loro curiosità sessuale e gli uomini a non lasciarsi trascinare dalla collera se si è stati traditi.

Barbablù ha influenzato, nei secoli, arte e letteratura, ispirando capolavori come  Il Castello del Duca Barbablù di Bartók su libretto musicale di Bálazs, un’altra opera lirica, questa volta di Paul Dukas, Ariane et Barbe- bleue, su libretto di Maurice Maeterlinck e un capolavoro cinematografico: Monsieur Verdoux di Charlie Chaplin. 

(In copertina, la rappresentazione de Il castello del Duca Barbablù diBartók, alla Scala di Milano nel 2008)

Author

Sara
Dottoranda in letterature comparate, laureata in Scienze dei beni culturali con specializzazione in storia del teatro e del cinema. Ex pianista, attualmente si occupa di portare avanti il proprio progetto di ricerca universitario, in concomitanza scrive, soprattutto narrativa e pièce teatrali. Nel tempo libero legge tantissimi libri, guarda film internazionali e serie televisive statunitensi.

3 comments

  • La morale – giustissima- della favola e di queste favole è che noi maschi siamo bestie, soprattutto se paragonati alle donne. Le donne sono meravigliose e nobili e noi maschi siamo soltanto delle bestie che devono essere addomesticate e asservite per poter stare accanto a loro. Queste favole insegnavano alle donne a trattare noi maschi come bestie da addomesticare o da annientare e perciò erano molto meglio delle favole che le facevano sperare nel principe azzurro. E’ verissimo che ogni donna è la Bella e che ogni maschio è bestia!

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    • Sara

      Caro Dino, grazie per la tua riflessione. Mi verrebbe da dire che la verità sta nel mezzo, anche se sarebbe interessante valutare la questione sotto diversi punti di vista. Torna a trovarci!

      Reply
  • Sono assolutamente d’accordo con Dino! Nelle scuole dovrebbero spiegare queste favole spiegando chi è la bella e chi la bestia in modo da rendere le donne consapevoli della propria superiorità e avvisarle della pericolosità maschile, due realtà purtroppo sottovalutate!

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