[testimonial image=”” name=”Natalia Ginzburg” title=”Lessico famigliare”]
Lo incontrai a Roma per la strada, un giorno, durante l’occupazione tedesca. Era a piedi; andava solo, con il suo passo randagio; gli occhi perduti tra i suoi sogni perenni, che li velavano di nebbie azzurre. Era vestito come tutti gli altri, ma sembrava, nella folla, un mendicante; e sembrava, nel tempo stesso, anche un re. Un re in esilio, sembrava.
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Appena ho iniziato a leggere Lessico famigliare mi sono sentita vagamente delusa. La prosa mi sembrava poco ricercata, ma poi ho capito qual era la grandezza di questo libro; il suo vero punto di forza risiede nella semplicità del linguaggio famigliare e quotidiano e nella densità delle storie e della Storia.
Sì, perché Natalia Ginzburg ci regala uno spaccato della sua vita privata, portandoci in un concitato vortice di personaggi coraggiosi e divertenti. Quello che mi è piaciuto, a differenza di molti romanzi ambientati durante il periodo fascista, è stata la sua capacità di sottolineare i meriti e i rischi degli anti fascisti, senza però volerne fare ad ogni costo degli eroi.
Ciò che davvero mi ha colpito è stato il mondo che mi ha aperto, creando dei collegamenti con una realtà così vicina al contemporaneo, da lasciare senza parole. Dall’amicizia con Cesare Pavese, fino al matrimonio con Leone Ginzburg, studioso e docente di letteratura russa, ucciso brutalmente dai fascisti. Finita la lettura si resta un po’ frastornati e iniziano a mancare i modi bruschi del padre di Natalia, Giuseppe Levi, celebre anatomista italiano, che ad ogni occasione gridava: ” Sempiezze!” “Asino!” e “Bordegazzi!”. Così, curiosa di saperne di più, scopro che il padre della Ginzburg è stato maestro di Rita Levi-Montalcini e che durante la persecuzione
degli ebrei aveva lavorato nel laboratorio di lei, nascosto in casa. Che emozione, sapere di questi legami, veri e unici, tra uomini e donne che hanno fatto la storia della scienza e della letteratura del secolo scorso e di cui noi, tutt’oggi ne godiamo i frutti, potendoci curare con mezzi migliori e godendo della bellezza delle opere di Pavese e della Ginzburg.
Un regalo che dovremmo imparare ad apprezzare ogni giorno di più, ricordandoci sempre di come ogni campo del sapere contribuisca a migliorare gli altri. Noi, donne e uomini del duemila, ci dimentichiamo troppo spesso di essere grati per i privilegi che abbiamo, grazie a persone che hanno vissuto e si sono sacrificate per permetterci il futuro che viviamo. Penso, così, che anche i nostri sacrifici non saranno vanificati, finché qualcuno un giorno più o meno lontano, potrà curarsi attraverso le ricerche degli studiosi di oggi e potrà innalzare il proprio spirito attraverso un romanzo, delle poesie o della musica, scritte e composte con l’animo pieno di passione per la vita, l’amore e la pace.
Bell’accostamento, la cultura fa sembrare il mondo meno cinico di quello che sembra o che è?
Bella domanda…