[testimonial image=”” name=”Maurice Maeterlinck” title=””]
Non c’è nulla di più bello di una chiave, finché non si sa che cosa apre. [/testimonial]
La scorsa settimana, ho parlato della fiaba di Barbablù e, qualche mese fa, dell’opera lirica Il castello del Duca Barbablù di Bartók–Balázs. Come accennavo lunedì scorso, Barbablù, come simbolo e figura, è entrato nell’immaginario collettivo, creando opere d’arte che spaziano dalla letteratura alla musica.
Oggi volevo parlavi del mito di Arianna, come collegamento a due opere liriche: quella già analizzata di Bartók-Balázs e quella francese di Paul Dukas su libretto di Maeterlinck, Ariane et Barbe-Bleue, che spero di potere analizzare la prossima settimana.
Per confrontare il mito e la figura di Arianna con queste due opere, è necessario fare un passo indietro, per analizzare brevemente il mito e le fonti da cui questo viene trasmesso.
Tutti conoscono il mito di Arianna: giovane ragazza che aiuta Teseo a sconfiggere il Minotauro, attraverso l’escamotage del filo per riuscire ad uscire da labirinto. Sconfitto il mostro i due ragazzi partono alla volta di Atene, lasciando Creta, la terra nativa di Arianna. Durante il viaggio, Teseo abbandonerà Arianna a Nasso e lei piangerà a lungo questo abbandono. Alla fine, Arianna riuscirà a consolarsi nel momento in cui Dioniso la chiederà in sposa.
Molti poeti antichi hanno cantano la figura di Arianna, soprattutto nel momento dell’abbandono e delle lamentazioni, tanto da farla entrare nel mito. La troviamo infatti nel carme 64 di Catullo, che si concentra sulla scoperta dell’abbandono e sullo stupore che coglie la ragazza quando lo scopre. Ovidio, riprenderà il mito in Ars 1, sia nella decima Eroide, sia nelle Metamorfosi e anche in Fast.3.
Nelle diverse opere Arianna è rappresentata in modi differenti. Un esempio su tutti è quello della figura dell’eroina di Catullo esteriormente impietrita, mossa solo dal pianto, ma interiormente in tumulto, mentre quella di Ovidio nell’Eroide, pur non abbandonando del tutto il tema dell’irrigidimento, lo accompagna al tema del vagabondaggio agitato sulla spiaggia.
Il mito di Arianna è divenuto nella cultura moderna simbolo dell’abbandono e del lamento. Boccaccio e Petrarca hanno recuperato la tradizione antica e dipinto Arianna come una sorta di modello di amante sfortunata e infelice, umiliata dall’abbandono e dall’amore di Teseo.
Il mito di Arianna si inserisce in entrambe le opere liriche a cui accennavo, anche se in modi diversi. La rilettura moderna dei miti e delle favole e la loro interpretazione psicoanalitica, è un tratto molto diffuso nel teatro musicale del primo Novecento.
Notiamo già dal titolo dell’opera di Dukas, Ariane et Barbe-Bleue, la presenza di Arianna, la quale riuscirà a portare un poco di luce nel labirinto psichico e morale di Barbablù, mentre nel testo di Balàsz, che si rifà a quello di Maeterlinck, Judith ( che sostituirà Ariane) fallirà nel suo intento. L’opera di Bartòk-Balàzs è molto più pessimistica rispetto a quella di Dukas-Maeterlinck: si conclude, infatti, nella stessa oscurità assoluta e con la stessa musica con cui è iniziata. Si svolge tutto in un’atmosfera simbolica, dove si fondono componenti simboliste francesi e altre con un forte richiamo all’espressionismo tedesco. Mi preme ricordare che Bartòk e Balàsz erano ungheresi e, per la prima volta, la lingua ungherese, nella loro opera, non risulta deformata e violenta, piegata alle esigenze prosodiche della musica.
Il discorso in merito ai simbolismi presenti nell’opera è molto ampio, non solo Arianna, ma una moltitudine di riferimenti riempiono le pagine di queste due bellissime opere. Il mio intento è quello di proseguire questa riflessione, nelle prossime settimane, indagando in modo più approfondito e lineare, questi riferimenti in entrambe le opere, soprattutto dal punto di vista letterario-drammaturgico.
(In copertina: Arianna a Nasso di Angelica Kauffmann 1774)
Aspetterò con piacere il prosieguo…