[testimonial image=”” name=”A.Camilleri” title=””]
La letteratura è uno strumento critico che può aiutare a svelare le verità, a smascherarle. La fantasia narrativa può aiutare a riflettere e capire la realtà che ci circonda.
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Per anni, ho pensato che tutti vedessero nella letteratura quello che vi scorgevo io: un’insegnamento di vita. Ogni storia, poco importa la forma in cui è scritta, mi sembra in grado di regalarmi un nuovo sguardo sul mondo. Come esseri umani siamo limitati nelle esperienze che possiamo vivere nell’arco di una vita, ma un racconto o una poesia sono in grado di regalarci quello che non possiamo vivere sulla nostra pelle. In un attimo, siamo in grado di guardare il mondo con gli occhi di un pirata, di un aristocratico, di una bambina o di una donna anziana piena di ricordi.
Questo modo di vivere la letteratura mi ha sempre resa orgogliosa di occuparmene, nonostante le critiche che spesso si ricevono quando si lavora in un ambito tanto bello, ma spesso considerato “inutile”.
Mi sono resa conto, però, partecipando ai convegni delle ultime settimane che quasi nessuno, nel mondo accademico, concepisce la letteratura nello stesso modo. L’impressione, che molti esperti mi trasmettono, è quella di una ricerca spasmodica dei dettagli linguistici, stilistici e filologici, perdendo di vista il contenuto delle opere. Non voglio dire che questi aspetti siano poco importanti, perché formano la struttura di un testo e ne supportano il contenuto, ma non sono l’unico aspetto da tenere in considerazione.
De I Promessi sposi non ricordo nello specifico lo stile di Alessandro Manzoni, ma è cristallino, nella mia memoria, il messaggio di totale fiducia nella provvidenza divina. Così come non ricordo a memoria tutti i versi di Alla sera, sonetto amatissimo di Foscolo, ma ricordo la sensazione di pace che trasmette, nonostante la presenza della morte che aleggia in tutta la poesia.
Potrei continuare con altri mille esempi, con memorie di storie e personaggi che mi hanno accompagnato per molte pagine nelle mie letture. Sarei in grado di scrivere per giorni interi sulle atmosfere che Proust o Dostoevskji mi hanno regalato e sui loro protagonisti che sono diventati, nel mio immaginario, intimi amici e consiglieri.
Rimango ancorata alla mia idea di letteratura, nonostante gli studi critici effettuati e le parole ascoltate dai grandi esperti. Faccio tesoro di tutto ciò che ho imparato e che ancora sto studiando, ma non mi sento di abbandonare la mia visione sul mondo letterario. Nessun contributo filologico o linguistico, per quanto rivoluzionario, potrà mai sostituire l’esperienza di una storia vissuta attraverso gli occhi di un altro, la sensazione di partecipazione alle vicende di uno o più protagonisti, l’emozione che regala uno dei tanti viaggi fatti insieme ai nostri personaggi preferiti.
Non me ne vogliano gli esperti, ma preferisco continuare a sognare Combray e i biancospini di Proust…
Io penso che chi legge per il piacere di leggere desidera soprattutto conoscere, divertirsi, stupirsi, sognare e ritagliarsi dei momenti dal quotidiano e niente altro. Tutto il resto ritengo sia solo per gli “addetti ai lavori”.