Tradurre è tradire?

Tradurre è tradire?

[testimonial image=”” name=”Jorge Luis Borges” title=”Sopra il Vathek di William Beckford, in Altre inquisizioni, 1952″]

L’originale è infedele alla traduzione.

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La questione è annosa: si dibatte da sempre su questo problema. La traduzione è vitale e ci permette di leggere testi altrimenti incomprensibili: nessuno padroneggia tutte le lingue del mondo, quindi senza la presenza di un traduttore qualificato non saremo in grado di leggere capolavori di immenso valore. Quando alle scuole superiori traducevo dal latino, non mi ponevo il problema: ero talmente affascinata da quella lingua antica, da non pensare troppo alla sua traduzione italiana.

Crescendo e iniziando a studiare i grandi classici della tradizione europea, però, il problema ha iniziato ad essere inevitabile. Potevo leggere i testi direttamente in inglese e in francese, ma non nelle altre lingue. In ogni caso, una riflessione seria, non si è posta fino a quando non ho iniziato a rileggere in lingua originale testi che avevo già letto tradotti in italiano. Non pensavo che la differenza potesse essere tanto grande. Ovviamente, non perdeva il proprio significato originale, ma le sfumature, quei piccoli dettagli che sono importanti e non traducibili andavano definitivamente persi dalla lingua d’origine a quella d’arrivo.

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Oscar Wilde

Ricordo in particolare un corso sulla traduzione letteraria, dove ci veniva chiesto di tradurre dall’inglese all’italiano The selfish giant (Il gigante egoista) di Oscar Wilde. Di per sé il testo non sembrava difficile, ma quando arrivai alla parola sweetly,che indicava il modo in cui cantavano gli uccellini, qualche problema me lo sono posto. Ho optato, alla fine, per melodiosamente, anche se perdeva, ai miei occhi, il significato vero di quel canto. Del resto, il significato della parola dolcemente, in quel caso specifico, non avrebbe potuto essere del tutto adeguato a quello di sweetly. Quando venne corretta la mia traduzione, seppi che avevo scelto la parola giusta, ma da quel giorno le parole tradotte mi ossessionano. Se leggo in italiano so già di perdermi delle sfumature, se leggo in lingua temo di perdere qualche significato precluso a chi non è madrelingua.

Non sono solo le parole, ma anche i contesti a modificare la percezione della traduzione. Per non parlare poi di lingue decisamente concettuali,come l’inglese, a confronto con una lingua decisamente discorsiva come la nostra o il francese. Anche Proust e le traduzioni della Recherche sono, per me, fonti di interrogativi e preoccupazioni e, infatti, ogni volta che confronto i diversi testi, scopro qualcosa di diverso.

Ho deciso di prendere tutta la questione della traduzione con stupore e curiosità: non cerco la perfezione e non penso che ci sia un reale tradimento da parte del traduttore. Valuto le differenze e rifletto su somiglianze e diversità, per cercare di avere orizzonti sempre più ampi da esplorare davanti a me.

Author

Sara
Dottoranda in letterature comparate, laureata in Scienze dei beni culturali con specializzazione in storia del teatro e del cinema. Ex pianista, attualmente si occupa di portare avanti il proprio progetto di ricerca universitario, in concomitanza scrive, soprattutto narrativa e pièce teatrali. Nel tempo libero legge tantissimi libri, guarda film internazionali e serie televisive statunitensi.

1 comment

  • E’ tutto vero, spesso anch’io mi sono chiesta se i testi che leggiamo sono fedeli all’originale con le sfumature e le caratteristiche volute dall’autore.

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